In Analisi Transazionale la carezza è un’unità di riconoscimento che procura stimolazioni ad un individuo. Ognuno di noi ha bisogno di stimoli, da piccoli abbiamo bisogno di essere toccati, del contatto fisico di chi ci accudisce, per sopravvivere e crescere; da adulti impariamo anche a sostituire questo bisogno con altre forme di riconoscimento, ad esempio un sorriso, un complimento, ma anche un insulto o uno sguardo astioso, perché ci mostrano che la nostra esistenza è stata riconosciuta. Le carezze sono essenziali alla vita e senza di esse, dice Berne, “la spina dorsale avvizzisce”. Ecco perché lo scambio di carezze è l’attività più importante che occupa le persone nella loro vita quotidiana.
Esistono diversi tipi di carezze:
* carezze verbali → sono legate alla comunicazione verbale (parole, discorsi ad es. “ciao!”, “è bello vederti”);
* carezze non verbali → sono legate alla gestualità, come un sorriso, qualcuno che ci saluta con la mano…
* carezze positive → (chiamate anche “caldomorbidi“) sono vissute come positive da chi le riceve, trasmettono il messaggio “tu sei Ok”, incoraggiano la crescita e favoriscono la stima in se stessi;
* carezze negative → (chiamate anche “freddoruvidi“) vissute in modo spiacevole da chi le riceve, trasmettono il messaggio “tu non sei Ok”;
* carezze incondizionate → sono rivolte all’essere, alle caratteristiche naturali della persona, indipendentemente da quello che la persona fa; quelle positive sono molto piacevoli (es. “ti amo”), quelle negative possono essere molto dolorose (es. “ti odio!”);
* carezze condizionate → la persona riceve le carezze per quello che fa e non per quello che è, ad esempio (“mi piace quando mi ascolti”, “non mi piace che parli a voce alta”);
* carezze false (o di plastica) → cominciano col sembrare positive, ma danno una frecciatina negativa alla fine (es. “ma certo che vengo volentieri alla tua cena… del resto non ho niente da fare!”);
* carezze esterne → si ricevono dalle altre persone e soddisfano la massima parte delle nostre stimolazioni;
* carezze interne → modi generalmente solitari e interiori di darci riconoscimenti, una larga parte delle carezze interne è costituita dalle carezze ricevute che teniamo nei nostri ricordi.
Ognuno di noi sviluppa un suo stile di dare e ricevere carezze fondato sulla base della propria posizione esistenziale (sentirsi Ok, sentirsi non Ok). Si potrebbe pensare che le persone cerchino sempre carezze positive, rifiutando quelle negative, in realtà è bene sapere che qualsiasi carezza (anche una negativa o falsa) è meglio di nessuna carezza. Per un bambino per esempio è meglio una sculacciata del papà per essersi comportato male, piuttosto che la noncuranza assoluta rispetto a quello che fa (questo può far riflettere sulla motivazione di tanti comportamenti negativi messi in atto con lo scopo di avere attenzione e riconoscimento).
Claude Steiner suggerisce che, da bambini, siamo tutti indottrinati dai nostri genitori con cinque regole restrittive sulle carezze. L’insieme di queste regole è alla base di ciò che Steiner chiama l’economia delle carezze: insegnando ai propri figli che le carezze sono limitate nella quantità, fanno sì che il bambino pur di ottenerle perché gli sono essenziali, imparerà ad ottenerle seguendo quanto dicono mamma e papà e da adulto imparerà a obbedire inconsapevolmente a queste cinque regole:
– non dare carezze quando ne hai da dare (es. non essere troppo complimentosi perché la gente potrebbe pensare che sei falso)
– non chiedere carezze quando ne hai bisogno (es. non chiedere conferme o riconoscimenti perché le carezze date su richiesta non valgono, sono date solo per educazione)
– non accettare carezze se le vuoi (es. non credere ai complimenti che vi fanno o alle cose belle che vi dicono perché sicuramente c’è qualcosa dietro)
– non rifiutare carezze quando non le vuoi (es. non rifiutare le critiche o le attenzioni eccessive perché queste servono per crescere)
– non dare carezze a te stesso (es. non lodarvi da soli, essere modesti)
È importantissimo invece diventare consapevoli che le carezze sono disponibili in quantità illimitata e possiamo dare carezze ogni qual volta lo vogliamo, perché non finiscono mai, così come riceverle o chiederle quando ne abbiamo bisogno, perché le carezze richieste hanno lo stesso valore di quelle ottenute spontaneamente. Infine dare carezze a noi stessi è molto importante perché aumenta la nostra autostima e un sano amor proprio.
Si può imparare a scambiarsi carezze liberamente, ad aprire il proprio cuore, a dare e chiedere carezze senza vergogna né imbarazzo. Persone diverse preferiscono carezze diverse, e ognuno ha le sue preferenze, i suoi desideri segreti.
Nella mia vita, ma soprattutto nel mio lavoro, ritengo di grande importanza l’uso di carezze positive, perché spesso i pazienti in passato hanno conosciuto solo carezze negative o addirittura totale incuranza (assenza di carezze) e spesso chiedono, anche se non verbalmente, di essere visti e riconosciuti nei loro bisogni. A questo proposito ritengo che la stessa terapia sia una grande carezza perché il terapeuta concentra tutta la sua attenzione sul cliente e sui suoi bisogni e di conseguenza gli dà carezze, facendolo dalla posizione Io sono OK – Tu sei Ok, utilizzando un ascolto attivo ed empatico.